• im Dunkeln sehen
12.09.
2025

VIOLETTI ARTE CONTEMPORANEA, Siena (ITA)'

THOMAS RIESS
BEHIND THE CURTAIN | DIETRO IL SIPARIO



Eröffnung:

12.09.2025

Ausstellungsdauer:

12.09. - 19.10.2025

VIOLETTI ARTE CONTEMPORANEA
Via di Città 49
53100 Siena SI
ITALY

Violetti Arte Contemporanea 

D
Thomas Riess konzentriert sich auf den Menschen und seine Beziehung zu Zeit und Realität und untersucht die Widersprüche einer multimedial konstruierten Welt. Seine künstlerische Praxis, die Mixed Media, Malerei und Video umfasst, analysiert und überarbeitet visuell eine scheinbar perfekte, aber im Grunde künstliche Realität, die der Künstler dekonstruiert und zu destabilisierenden Bildern voller Mehrdeutigkeit und kritischer Einsicht neu zusammensetzt.
Im Zentrum seiner Arbeit steht das menschliche Gesicht, ein Motiv, das Riess fragmentiert, verklärt oder auflöst, oft ausgehend von einer fotorealistischen Sprache, deren Codes er dann untergräbt. Durch diese visuellen Brüche verlagert der Künstler den Fokus der Betrachtung von der Figur auf die Sprache der Malerei selbst und betont, dass jedes Bild – selbst das realistischste – letztlich eine Illusion, eine Konstruktion ist.
Friedrich Nietzsche schrieb: „Es gibt keine schöne Oberfläche ohne eine schreckliche Tiefe.“ Thomas Riess’ Werk reflektiert genau dieses Schwanken, in dem der zeitgenössische Mensch, wie den Wellen ausgeliefert, navigiert: zwischen dem Wunsch zu erscheinen – scheinbar die einzige Möglichkeit, die Welt zu bewohnen – und dem Bedürfnis, etwas Tieferes zu suchen, etwas, das die Zeit überdauert, sie charakterisiert und nicht vergänglich ist. Schließlich sind „große Erzählungen“ nie abgeschlossen. Die Gefahr besteht darin, in einem Teufelskreis gefangen zu sein, in einer ewigen Gegenwart, die nicht mehr visionär in die Zukunft blickt, sondern sich mit momentaner Befriedigung, oft illusorischer Sichtbarkeit und flüchtigen Momenten des Ruhms zufrieden gibt. Riess erforscht das Gefühl der Entfremdung und Angst, das dieses System im zeitgenössischen Menschen schürt, nicht mit Resignation, sondern mit dem Geist der Kunst selbst, der aus dogmatischem Schlummer erwacht, kritisches Denken und die Fähigkeit, sich eine andere Zukunft vorzustellen, neu erweckt.
Die Beziehung zwischen Tiefe und Oberfläche, zwischen Illusion, Wahrheit und Täuschung sind Themen, die schon immer zum Nachdenken anregten. Die Griechen wussten das gut; sie liebten Illusion und Oberfläche, denn für sie war sie alles andere als oberflächlich. Die Oberfläche der Schönheit, verkörpert in der apollinischen Ästhetik, erfuhr die tragische Dimension des Dionysischen, die Tiefe des Abgrunds, der, wie uns der deutsche Dichter erinnert, in erster Linie „abgrund“ ist – die Abwesenheit von Fundament. Oberflächlichkeit war daher Ausdruck von Tiefgründigkeit, davon, die Dunkelheit des Abgrunds erfahren und aus ihm hervorgegangen zu sein, um seine Schrecklichkeit zu ertragen.
Thomas Riess erinnert uns daran, dass die Essenz eines authentischen Lebens nicht im hektischen Streben nach dem Schein, in der Flüchtigkeit des Augenblicks liegt, sondern in der Rückbesinnung auf jene Elemente des Abgrunds, die uns prägen und sich ständig an der Oberfläche offenbaren.
Die Ausstellung „HINTER DEM VORHANG“ präsentiert eine Auswahl von Werken, die einige der zentralen Themen seiner Forschung berühren. Die ausgestellten, für spezifische Kontexte konzipierten Werke bieten einen Einblick in das komplexe Werk des Künstlers: von symbolischen und surrealen Porträts über eindrucksvolle, in persönlichen Erinnerungen verwurzelte Landschaften bis hin zu Zeitreisenden, rätselhaften Figuren aus einer ungewissen Zukunft.

ITA
Con lo sguardo puntato sull’essere umano e sul suo rapporto con il tempo e la realtà, Thomas Riess indaga le contraddizioni di un mondo costruito all’interno di una dimensione multimediale. La sua pratica artistica, che spazia tra mixed media, pittura e video, analizza e rielabora visivamente una realtà apparentemente perfetta ma fondamentalmente artificiale, che l’artista decostruisce e ricompone in immagini destabilizzanti, dense di ambiguità e senso critico.
Al centro del suo lavoro c’è il volto umano, soggetto che Riess frammenta, trasfigura o dissolve, spesso partendo da un linguaggio fotorealistico per poi sovvertirne i codici. Attraverso queste rotture visive, l’artista sposta il fuoco dell’osservazione dalla figura al linguaggio stesso della pittura, sottolineando come ogni immagine – anche la più realistica – sia in definitiva un’illusione, una costruzione.
Friedrich Nietzsche scrive che “non c’è superficie bella senza una terribile profondità”. Il lavoro di Thomas Riess riflette proprio su questa oscillazione, all’interno della quale l’uomo contemporaneo naviga, come in balia delle onde, tra una volontà di apparire – unico modo – apparentemente – di abitare il mondo, e il bisogno di cercare qualcosa di più profondo, che permanga nel tempo, che lo caratterizzi e non sia effimero. D’altra parte le “grandi narrazioni” non sono mai finite. Il rischio è quello di ritrovarsi bloccati in un circolo vizioso, in un eterno presente, che non guarda più in maniera progettuale al futuro, ma che si accontenta della soddisfazione momentanea, della visibilità, spesso illusoria, e di momenti di gloria effimeri. Riess lavora sul senso di straniamento e di angoscia che questo sistema alimenta per l’uomo contemporaneo, non con rassegnazione, ma con lo spirito proprio dell’arte di risvegliare dai sonni dogmatici, di ridestare il senso critico e la capacità di immaginare un futuro diverso.
Il rapporto tra profondità e superficie, tra illusione, verità e inganno, sono temi che fanno riflettere l’uomo da sempre. Lo sapevano bene i greci, che amavano l’illusione e amavano la superficie, perché essa per loro era tutt’altro che superficiale. La superficie della bellezza, racchiusa nell’estetica apollinea, ha conosciuto la dimensione tragica del dionisiaco, la profondità dell’abisso, che in primo luogo, come ci ricorda il tedesco, è abgrund – assenza di fondamento. L’essere superficiali era, pertanto, il riflesso dell’essere profondi, dell’aver conosciuto il buio degli abissi ed esserne usciti per sopportarne la terribilità.
Thomas Riess, ci ricorda quindi come l’essenza di una vita autentica non risieda nella spasmodica ricerca dell’apparire, nella fugacità del momento, ma nel tornare a prendere contatto con quegli elementi dell’abisso che ci caratterizzano e che costantemente si mostrano nella superficie.
La mostra BEHIND THE CURTAIN presenta una selezione di opere che toccano alcuni dei temi cardine della sua ricerca. I lavori esposti, nati per contesti specifici, aprono uno sguardo sulla complessa produzione dell’artista: dai ritratti simbolici e surreali ai paesaggi evocativi che affondano le radici nella memoria personale, fino ai viaggiatori del tempo, figure enigmatiche provenienti da un futuro incerto.
Spazio importante, all’interno dell’esposizione, è dedicato all’opera video I AM I AM NOT, presentato alla Biennale di Venezia nel 2013. Composto da 2730 fotografie, il lavoro riflette sui processi di trasformazione nel tempo, mescolando immagini, memorie personali e materiali visivi stratificati. Accanto al video, viene esposto anche il lavoro a tecnica mista da cui è nato il progetto: una sorta di “cronologia visiva, una narrazione aperta” che incarna pienamente la poetica di Riess.
In questa prospettiva, anche le opere più astratte sembrano frammenti di pellicola, fotogrammi sfocati di una realtà parallela, tradotti in pittura. Ogni immagine si fa allora soglia, uno spiraglio fugace nel mondo incantato – e inquietante – dell’artista.
BEHIND THE CURTAIN pone domande urgenti: quanto della nostra realtà è determinato da ciò che è virtuale, costruito, illusorio? In un’epoca dominata dalla rappresentazione di sé attraverso i social media, dove la messa in scena ha spesso sostituito l’identità, i volti che Riess ci propone – distorti, muti, irriconoscibili – ci costringono a confrontarci con l’instabilità dell’io e con la crisi dell’autenticità.
I protagonisti di Thomas Riess si muovono tra ciò che è e ciò che appare, tra esperienza e ricordo, tra prevedibile e imprevedibile. Privati di un centro, sono al tempo stesso affascinanti e perturbanti: metafore visive della nostra vulnerabilità e della transitorietà dell’esistenza.